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Fotografia di Loreno Molaschi

Chi è Flavio? Qual è stato il percorso che ti ha portato nel mondo della consulenza e formazione manageriale?

Flavio è un ingegnere con oltre vent’anni di esperienza manageriale prima in aziende di consulenza poi come chief information officer in diverse realtà multinazionali. Un anno fa Flavio determina di mettere al servizio degli altri le sue conoscenze e idee. Decide così che attraverso il mondo della formazione avrebbe creato più valore.

Secondo te cosa fa la differenza nel successo o insuccesso di un progetto?

Ci sono diversi aspetti da tenere in considerazione. L’impatto del progetto sul business aziendale per esempio: spesso si sceglie di implementare un progetto dove potenzialmente si possono generare meno danni in caso di fallimento. Ma proprio perché l’impatto aziendale è basso, su quel progetto vengono dedicate meno attenzioni. Il progetto vede così i suoi tempi dilatati e la soluzione solitamente rispondere a esigenze locali e non di corporate. Credo però che la prima ragione di insuccesso sia la tendenza a partire dalla tecnologia. Frequentemente si parte dalla soluzione tecnologica che viene “installata” in azienda a prescindere, senza un vero business model che ne giustifica e valorizza la sua adozione.

Cosa ti ha spinto a far parte della Simplify Academy?

Ho trovato in Simplify Academy un ambiente stimolante e aperto. Ho visto una proposta che considera i contenuti dei corsi in continua evoluzione. Contenuti che vengono rivisti con un approccio dinamico e inclusivo. Tutto questo è in accordo con la realtà mutevole odierna.

Questo vuol dire che il tuo approccio è diverso da quelli che si trovano sul mercato? Vuoi spiegare il perché ai nostri lettori?

Come accennavo prima trovare soluzioni a problemi esistenti grazie alla tecnologia non sempre è vincente. In particolare per l’Industy 4.0 bisogna sfruttare i cambi di paradigma che questa quarta rivoluzione ci offre. Trovo più utile elaborare una strategia disegnando nuovi business model implementabili in azienda. Considerare la tecnologia come abilitatrice della trasformazione e non il fine del progetto.

L’industria 4.0 in poche parole:

Una nuova relazione uomo-macchina che crea conoscenza rendendo digitale ciò che è fisico, liberando così nuovi scenari di business.

Quali sono le skill necessarie per lavorare nel tuo settore?

Certo bisogna avere una base di conoscenza di tecnologia, di processi aziendali ed essere aperti a cogliere le trasformazioni sociali. Ma serve soprattutto una curiosità intellettuale che ti permetta di rielaborare questi fattori costantemente.

L’ultimo libro letto?

“Le colpe dei padri”, di Alessandro Perissinotto

Come ti vedi tra 5 anni?

Sempre pronto a mettermi in discussione e cercare sfide in cui migliorarmi, sempre aperto al cambiamento per cogliere le opportunità del momento.

Quale consiglio ti senti di dare a chi si sta affacciando al mondo del lavoro?

Consiglierei di andare oltre la percezione dei propri limiti. Di mettersi alla prova perché per crescere è necessaria la sfida, di osare anche col rischio di sbagliare. Consiglierei di comportarsi come spugne che assorbono il “mestiere” dalle persone che si incontrano. Di accogliere le critiche di chi ci sprona a sfidarci e non seguire chi fa leva sulle nostre paure.

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